Preservare l'ecosistema marino del Mediterraneo, diversificare i modelli di pesca, contrastare l'esaurimento degli stock ittici, prevenire il degrado dei fondali e degli habitat, ma anche preservare le conoscenze tradizionali, incoraggiare la cooperazione, anche nel campo della ricerca, tutelare i diritti dei pescatori, soprattutto dei piccoli pescatori responsabili, e promuovere una pesca responsabile. Questi sono solo alcuni dei principi generali inclusi nel Codice di condotta per la pesca responsabile, adottato dalla FAO nella sua conferenza del 1995.
Un monito che, dopo oltre due decenni, fatica ancora a tradursi in realtà, evidenziando la netta distanza tra ambizioni e azioni concrete.
Poco importa che siamo nel Decennio degli Oceani, lanciato per promuovere la ricerca marina e lo sviluppo sostenibile dei nostri mari, nel Decennio dell'Agricoltura Familiare, in cui trovano spazio anche le famiglie dei pescatori e degli acquacoltori, o che quest'anno sia l'anno che le Nazioni Unite dedicano alla pesca artigianale e all'acquacoltura se non diamo voce e ascolto a chi, ogni giorno, vive le difficoltà di un settore ittico sempre più compromesso: i pescatori.
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